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Come funziona una unità cinofila antiveleno?

17 Ottobre 2021
Aree Protette Alpi Marittime

L’uso del veleno è una pratica non solo illegale, ma subdola e pericolosa. I bocconi avvelenati sono tra le più serie minacce per la conservazione del lupo, e della fauna in genere. Non sono colpiti solo i malcapitati che mangiano il boccone mortale, ma anche tutti quelli che si alimentano di carcasse e vengono quindi a loro volta avvelenati dai resti degli animali uccisi.

Le unità cinofile antiveleno sono uno strumento fondamentale per contrastare l’avvelenamento. Occorre però seguire un percorso di training perchè la squadra funzioni al suo meglio, e ad allenarsi non è solo il cane, ma la coppia cane-conduttore, che devono sviluppare una fortissima intesa e reciproca comprensione. Come funziona una squadra cinofila antiveleno? Ne parliamo con Roberta Bottaro, addestratrice cinofila ENCI, incaricata dell’addestramento di 3 cani (e conduttori!) delle nuove squadre cinofile antiveleno di LWA EU: Sole (che con Paolo opererà in provincia di Brescia), Sax (che insieme a Andrea svolgerà il suo lavoro in Liguria) e il nuovo arrivato Virgilio (che lavorerà con Roberta nelle Alpi Marittime).

Come funziona una unità cinofila antiveleno? - Life Wolfalps EU
Roberta Bottaro

Quanto è importante in un’unità cinofila la formazione del conduttore?

Se la formazione del cane è importante quella del conduttore è fondamentale, l’unità cinofila non è composta da un animale a due zampe più uno a quattro: l’unità ha sei zampe. La formazione del conduttore non è solo tecnica, ma si tratta di un percorso innanzi tutto finalizzato a conoscere il proprio amico a quattro zampe come singolo soggetto (proprio quel cane), come razza (come sono fatti in generale i cani di quella razza) e come compagno di lavoro e di vita (come tradurre queste conoscenze per far funzionare il binomio cane-conduttore). Per questo il conduttore deve sapersi destreggiare fra le basi della cinofilia. Una di queste basi è la motivazione, che è la chiave che fa sì che il cane preferisca cercare bocconi avvelenati, invece che inseguire caprioli o lepri, ed è sempre la motivazione fa sì che i cani segnalino e non mangino le esche, perché si aspettano che se svolgono bene il loro compito, saranno premiati con un’esperienza favolosa (una ricompensa sotto forma di gioco o cibo, per esempio). Per questo, anche se può suonare strano, è fondamentale insegnare a giocare con il cane: che importa al cane di trovare il veleno? Lo fa solo perché tiene moltissimo a quel che succede dopo che lo ha trovato. Cibo, sessione di gioco, coccola. Per poter gratificare il proprio compagno di lavoro nella maniera giusta bisogna conoscere il cane: non a tutti cani piacciono le stesse cose. Quello che per un cane è una ricompensa fantastica è indifferente a un altro cane: c’è chi preferisce i giochi di lotta, e chi i giochi di riporto, chi non vede l’ora di ricevere una carezza o un po’ di cibo.

È super importante anche che il conduttore abbia chiaro come il cane impara, quali sono i suoi processi di apprendimento: come fa ad associare la sessione gioco alla ricerca veleni che la precede, come fa a capire che deve cercare solo un odore e rinunciare a seguire altri odori che per lui sono anche molto più interessanti. Per poter ottimizzare le performance del cane, cioè per mettere il nostro amico nella condizione di lavorare al meglio, è utile anche insegnare al conduttore i fondamenti della fisiologia dell’olfatto: capire cos’è l’odore, come si diffonde nell’ambiente in diverse condizioni di suolo, clima e vento (per evitare di mettere il cane in condizioni sfavorevoli per la ricerca) e come l’odore viene percepito dal cane. L’odore infatti è uno strano oggetto: è immateriale e collegato con le emozioni. Gran parte  dell’informazione olfattiva è processata dal sistema limbico, lo stesso che elabora l’informazione emotiva. Se l’odore che il cane ha imparato a cercare è associato a emozioni positive, ecco che scatta la motivazione per la ricerca.

Le conoscenze tecniche, non sono aride, anzi: sono ciò che aiuta a migliorare la relazione cane-conduttore. Solo così il conduttore può diventare un buon collega per il cane e condurlo in modo comprensibile e congeniale alla sua natura in modo da ottenere i risultati desiderati come squadra.

Quanto tempo serve a formare un’Unità Cinofila Antiveleno?

Dopo due o tre mesi mediamente un conduttore è pronto a ricevere un cane già formato. Se il conduttore invece si forma insieme al cane i tempi si allungano: tutto dipende dall’età del cane e da un sacco di fattori. Nel caso di Sax e Sole del progetto LIFE WolfAlps EU la formazione antiveleno è iniziata con cani di 4 mesi e di per sé dura 9 mesi. Cane e conduttore saranno pronti a lavorare insieme dopo 2-3 mesi di affiancamento. L’animale a sei zampe ha quindi una formazione complessiva di 12 mesi totali. Iniziando invece con un soggetto più adulto che ha bisogno di  basi di motivazione di obbedienza, la formazione richiede circa 4-6 mesi.

Che caratteristiche deve avere un cane antiveleno?

È sempre meglio iniziare con un cucciolo perché le esperienza pregresse sono fondamentali per le attività del cane adulto, che nei primi mesi di vita ha accumulato delle esperienze che lasciano  un’impronta. Per esempio, se un cane adulto è stato abituato da cucciolo a trovare e mangiare i resti animali morti, è difficile insegnargli che non deve più farlo. Al contrario, il cucciolo è un soggetto che si può plasmare, le prime esperienze nel mondo le può fare con noi: abbiamo una grande responsabilità.

Qual è la cosa difficile per un conduttore?

Per un conduttore italiano, che in genere è un chiacchierone, la cosa più difficile è riuscire a non parlare con il cane mentre sta lavorando. Per noi la parola è la base della relazione, ma quando il cane è in modalità “ricerca” sentire la nostra voce che lo incita gli fa l’effetto di avere accesa nelle orecchie una radio accesa mentre cerca di concentrarsi. In generale, acquisire le competenze tecniche non è così complesso: il difficile è imparare ad affidarsi e a fidarsi del naso del cane. È già difficile per gli umani affidarsi ai propri simili, se poi il socio ha baffi, coda e peli può essere ancora più complicato.

Il lavoro di un cane antiveleno è pericoloso?

Non più di altri tipi di ricerca: pensiamo agli stupefacenti, agli esplosivi oppure alla ricerca di superstiti sotto alle macerie. Nei confronti della ricerca dei veleni c’è una barriera culturale grande. Per aiutare anche i conduttori a lavorare con serenità ho scelto di insegnare ai cani di lavorare sia con la museruola che senza: se il conduttore è totalmente sereno e sicuro perché sa che il cane non mangerà nulla che può fargli del male entrambi lavorano meglio. A Milano hanno testato dei binomi cane conduttore e hanno scoperto che se i cani percepivano la preoccupazione del conduttore erano a loro volta meno sereni. Reagiscono alle nostre emozioni, ai nostri stati d’animo.

Quand’è che un animale a sei zampe funziona?

Il successo dell’animale a sei zampe si può misurare in modo quantitativo sulla base delle segnalazioni: quando il cane segnala tutto e solo quello che c’è da segnalare senza falsi positivi, il risultato è buono. Ma la vera valutazione è quella qualitativa, che non può essere parte di un vero e proprio processo d’esame. È una questione di sguardi, di intesa e complicità: ti accorgi quando c’è il piacere a per cane e conduttore di fare le cose insieme.

Da quanti anni svolgi la professione di educatrice cinofila?

Ho iniziato il mio percorso a diciotto anni, ma fin da bambina ho provato una passione fortissima verso gli animali. Tanto per rendere l’idea: un giorno, quando ero molto piccola, mi hanno vestita di bianco per andare a un battesimo e io ho pensato bene di andare a far visita alle capre nella stalla, uscendone marrone da capo a piedi. A diciotto anni, la svolta. lavoravo come educatrice in un asilo nido. Un giorno, il medico psicoterapeuta mi ha detto: “Visto che ami i cani, fai il corso da educatore cinofilo: con cani e bambini in età prescolare la comunicazione non verbale è fondamentale”. È così che è iniziato tutto. Ho cominciato a lavorare con cani con problemi e sull’educazione di base. Il mio sogno? Avere una bloodhound: sono una fan sfegatata di Fido di Lilli e il vagabondo, che mi aperto le porte del mondo olfattivo dei cani, che vedono il mondo attraverso il naso. Dopo il corso, ho iniziato ad approfondire anche a livello universitario e ho proseguito con un master. La mia tesi di fine master è stata un progetto sperimentale per cercare telefoni cellulari in carcere: sono stati i primi cani in Italia impegnati nella ricerca di telefoni cellulari in ambito penitenziario.

La cinofilia è una disciplina seria, con forti basi scientifiche: non è fatta di terza media ed esperienza sul campo. Sono necessarie delle competenze in più. Purtroppo oggi c’è un dilagare di corsi di dubbia affidabilità e un’eccessiva polarizzazione del mondo cinofilo in estremismi pazzeschi: per qualcuno il cane è un’entità da assecondare in tutto, per altri uno strumento da sfruttare. L’interessante invece sta proprio nella relazione che si crea nel mezzo, dove non c’è sfruttamento, ma collaborazione fra cani e umani.

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